[Data la complessità dell’argomento, il presente articolo è soggetto a continuo aggiornamento]
Questo articolo mira ad individuare e ad esporre in maniera semplice alcuni aspetti salienti dell’istituto dell’amministrazione di sostegno.
ASPETTI GENERALI
L’istituto è rivolto alla protezione di un soggetto che per motivi derivanti da una patologia o da una peculiare condizione, si trova nell’impossibilità, anche parziale, di esprimere validamente il consenso, autodeterminarsi e quindi di provvedere pienamente ai propri interessi.
In caso di sola disabilità fisica, il soggetto può rilasciare una procura generale dinnanzi ad un notaio con la quale attribuisce ad un soggetto di fiducia poteri di gestione patrimoniale e medica.
È bene ricordare che ogni soggetto maggiorenne, salvo che non ci sia una sentenza che dichiara il contrario, è capace di agire e pertanto egli soltanto potrà decidere della propria salute e del proprio patrimonio. Non si possono quindi prendere decisioni per conto di un’altra persona maggiorenne anche se è un parente strettissimo (coniuge/genitore/figlio).
IL PROCEDIMENTO
Il procedimento si svolge in Tribunale, dinnanzi al Giudice Tutelare, il quale svolge una funzione di “controllo” del procedimento e, poi, dell’attività dell’amministratore di sostegno.
Non è richiesta l’assistenza di un avvocato, ma in particolari casi sarà il Giudice Tutelare a chiedere al ricorrente di munirsi di legale.
Il procedimento viene iniziato con un ricorso presentato dalla persona in proprio, da un familiare o da altri soggetti previsti dal codice ed una volta che il giudice avrà esaminato il ricorso, dovrà incontrare necessariamente la persona da sottoporre ad amministrazione di sostegno (udienza di audizione).
Il beneficiario, se non è ricorrente, dovrà essere informato del procedimento attraverso la notifica del ricorso + decreto che fissa l’udienza di audizione. La notifica è svolta tramite l’U.N.E.P. (Ufficio Notifiche Esecuzioni Protesti).
Anche i parenti devono essere informati del procedimento, ma fortunatamente le prassi dei Tribunali hanno spesso attenuato l’onere di notifica che secondo il dettato normativo arriverebbe a parenti 4° grado e affini fino al 2° grado. È comunque fondamentale che almeno i parenti stretti della persona vengano informati così da poter eventualmente dare informazioni al giudice. È quindi consentito inviare una raccomandata con avviso di ricevimento a queste persone contenente il ricorso + decreto che fissa l’udienza di audizione. È inoltre possibile preventivamente raccogliere il consenso dei parenti facendo loro firmare una dichiarazione di non opposizione munita di fotocopia di un documento di identità così da evitare l’invio della raccomandata.
È importante rammentare che il procedimento è rivolto principalmente alla tutela della persona “debole” pertanto ogni decisione presa dal giudice sarà indirizzata in tal senso, anche potenzialmente in contrasto con la volontà dei familiari e, in particolari casi, del beneficiario stesso. La tutela della persona è tale che se – in ipotesi – i familiari abbandonassero il procedimento, questo verrebbe proseguito dal giudice.
Nella stessa direzione dovrà operare l’amministratore di sostegno nell’effettuare le decisioni per conto dell’amministrato.
L’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
È nominato dal giudice preferibilmente tra i familiari (se disponibili e idonei a ricoprire l’incarico).
L’amministratore deve giurare dinnanzi al giudice, dopodiché assumerà formalmente l’incarico, dovrà quindi depositare una relazione iniziale e poi, annualmente, un rendiconto sullo stato di salute della persona amministrata e del suo patrimonio.
L’amministratore di sostegno opera nell’esclusivo interesse della persona amministrata.
Potrà compiere gli atti indicati nel decreto del giudice mentre per gli atti di straordinaria amministrazione è sempre necessario depositare preventiva istanza al Giudice Tutelare per esserne autorizzati al compimento.
In caso di decisioni particolarmente rilevanti sulla salute o sul patrimonio della persona amministrata, è opportuno fare istanza al giudice motivando la scelta e documentandola o quantomeno chiedere un incontro con il giudice.
L’ads ha il compito di valorizzare la persona e le capacità residue, pertanto dovrà compiere le scelte di vita avendo cura di comunicare (per quanto possibile) con l’amministrato. Il consenso della persona è elemento da tenere in massima considerazione e va preservato, laddove possibile, potendo essere contrastato solo dove tali scelte (viziate a causa delle condizioni in cui la persona si trova) porterebbero danni alla salute e/o al patrimonio.
L’ads non ha diritto ad un compenso, ma solo ad un rimborso delle spese vive sostenute per il compimento dell’incarico e di una indennità in caso di attività particolarmente complesse svolte per conto dell’amministrato, ciò compatibilmente con le risorse economiche di quest’ultimo.
Enrico Cecchin