Le criptovalute (valute virtuali), tra le quali il bitcoin risulta essere la più nota, rappresentano un fenomeno economico di sicuro interesse cui l’ordinamento ha dato – al momento – risposta prevalentemente sul fronte dell’antiriciclaggio.

Premessa

Il contesto tecnologico nel quale s’inseriscono le criptovalute presuppone la conoscenza minima del funzionamento di una blockchain e dei suoi componenti (nodi, blocchi, registro, etc.), analisi che non potrà trovare luogo in questa sede.

Ciononostante, come si vedrà, l’approccio pratico di questo documento dovrebbe consentire a tutti di ricavarne una minima comprensione.

Individuazione empirica del concetto di valuta virtuale

Le valute virtuali (tra i quali i bitcoin) hanno natura digitale, vengono conservate in portafogli elettronici (wallet) e, al fine di comprenderne la peculiarità, è bene individuarne alcuni tratti distintivi rispetto alla valuta elettronica, con la quale condividono solamente l’assenza di un supporto fisico.

Precisamente le valute virtuali 1) non sono emesse da un sistema centralizzato, 2) vengono generate attraverso il procedimento di data mining (quindi non sono espressione di corrispondente valuta reale) e 3) non vi è garanzia di commutabilità o rimborsabilità in valuta reale.

Cenni fiscali

Il trattamento fiscale applicabile alle valute virtuali è assimilato a quello delle valute estere e muta a seconda di chi le detiene.

Innanzitutto per la persona fisica vi è l’obbligo dichiarativo (quadro RW Modello PF) sebbene vi siano alcune eccezioni date dalla presenza di operatori di criptovalute italiani e dal possesso di wallet off-line, che escluderebbero il rapporto da parte del soggetto con un operatore estero.

Il mero possesso di criptovalute non determina una imposizione fiscale, ma, ai sensi dell’art. 67 co. 1-ter TUIR laddove una persona fisica detenga nei propri wallet per almeno 7 giorni lavorativi valuta virtuale per un controvalore medio superiore ad €51.645,69, si applicherà l’imposta sostitutiva del 26% sull’eventuale plusvalenza derivante dalle relative conversioni.

Per le imprese, data la completa assimilazione della valuta virtuale a quella estera, vi sarà l’obbligo di dichiarazione di ogni operazione effettuata.

Cenni antiriciclaggio

Gli scambi di criptovalute, accessibili a chiunque data la natura distribuita e pubblica del registro che li conserva, sono però anonimizzati nell’identità dei soggetti (si parla in questo caso di pseudonimizzazione poiché lo scambio di dati avviene tra due wallet identificati da una stringa alfanumerica che rappresenta la chiave pubblica del sistema di crittografia asimmetrica).

Ciò consente di effettuare transazioni economiche senza che sia possibile conoscere i soggetti coinvolti né la causa sottostante: caratteristiche che generano il concreto rischio dell’utilizzo delle valute virtuali per scopi illeciti.

La normativa di riferimento è il d.lgs. 231/2007 così come integrato dal d.lgs. 90/2017 (attuativo della direttiva UE 2015/849) e dal d.lgs. 125/2019 (attuativo della direttiva UE 2018/843) che, all’art. 1 co. 2 d.lgs. 231/2007 introduce le definizioni di valuta virtuale (lett. qq), prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale (exchanger, lett. ff) e di servizi di portafoglio digitale (wallet provider, lett. ff-bis).

Ne derivano, per tali soggetti, doveri di identificazione e adeguata verifica del cliente e del titolare effettivo, l’obbligo di conservazione dei dati, di astensione e segnalazione così come l’applicazione delle fattispecie previste dall’art. 55 d.lgs. 231/2007.

Altresì questi soggetti dovranno adottare adeguati procedure interne per aderire alla normativa, tra le quali la formazione permanente del personale in materia di antiriciclaggio.

È da ricordare infine come l’applicazione della disciplina prevista per i cambiavalute agli exchanger e ai wallet provider li oneri di iscrizione in uno speciale registro oltre che la comunicazione al MEF dell’inizio dell’operatività in Italia e l’adesione al sistema pubblico antifrode.

Conclusioni

L’ordinamento ha solo parzialmente disciplinato il fenomeno bitcoin e degli operatori del settore pertanto è auspicabile l’emanazione del decreto attuativo del MEF (congelato dal 2018) e il coordinamento della disciplina fiscale.

Enrico Cecchin

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