Premessa
Gli smart contracts nascono in un contesto prettamente informatico pertanto l’analisi del fenomeno svolta secondo le categorie giuridiche tradizionali necessita di uno sforzo interpretativo che non sempre garantisce un sicuro approdo.
Nonostante tale premessa l’interesse per il fenomeno è alto, dal momento che risulta quantomai desiderabile rendere automatica l’esecuzione di un accordo limitando al contempo le possibilità di inadempimento e rendendo l’operazione molto efficiente.
Definizione descrittiva
Gli smart contracts sono programmi informatici che si eseguono automaticamente al verificarsi di condizioni predeterminate.
L’inserimento di tali programmi in un registro distribuito inalterabile e immutabile (tendenzialmente) come una blockchain consente di garantire l’automatica e irreversibile esecuzione delle clausole contrattuali trasposte in linguaggio informatico.
Definizione normativa
L’ordinamento italiano offre una definizione all’art. 8 ter co. 2 D.L. 135/2018:
“Si definisce “smart contract” un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse.”
Ad integrazione della definizione, laddove il legislatore cita le “tecnologie basate su registri distribuiti” (DLT – distributed ledger technologies), a loro volta definite, seppur con eccessiva rigidità, al co. 1 d.l. cit., è da intendersi sostanzialmente la tecnologia blockchain.
Inoltre risulterebbe più corretta la definizione di smart legal contract a connotare l’aspetto giuridico cui il codice informatico rappresenterebbe la mera trasposizione.
L’enunciato presuppone la conoscenza del funzionamento che sta alla base delle blockchain, del concetto informatico if-then e della regolazione dei rapporti giuridici secondo gli schemi contrattuali.
Creazione di uno smart contract
Dal momento che l’operatività di questo strumento avviene sul piano informatico, le parti che intendono regolare i propri interessi attraverso uno smart contract dovranno munirsi di account adatti allo scambio di token sulla blockchain. In secondo luogo, il bene o il diritto oggetto della transazione dovrà essere rappresentato digitalmente attraverso un token.
Predisposti gli strumenti informatici volti ad identificare i soggetti e oggetti del contratto, le parti individuano l’interesse da regolare attraverso un tradizionale accordo, munito di clausole. Successivamente tale accordo viene tradotto in un programma per elaboratore avente clausole che si auto eseguono in conseguenza del verificarsi di circostanze predeterminate. Infine tale programma viene inserito in una blockchain così da renderlo pressoché immutabile.
Smart contracts e disciplina contrattuale
I tentativi definitori sopra riportarti pongono l’accento sull’esecuzione automatica, tralasciando il momento della formazione e della conclusione del contratto, che risulterà regolato dagli istituti tradizionali.
Ne deriva che gli elementi previsti dal codice civile (art. 1325 c.c.) per la validità del contratto sono riscontrabili anche nella formazione di uno smart contract.
L’elemento che suscita maggiori riflessioni è il momento dell’accordo tra le parti.
Uno smart contract formato in esito ad una trattativa tra le parti ed ad un successivo accordo, sarebbe solamente rappresentativo delle modalità esecutive del contratto, replicando per il resto il tradizionale principio consensualistico nella formazione del contratto stesso.
Laddove lo smart contract, invece, fosse predisposto unilateralmente da una parte e presente nella blockchain, potrebbe configurarsi una offerta al pubblico.
L’oggetto del contratto (possibile, lecito, determinato o determinabile) non è influenzato dall’aspetto informatico dello strumento così come ininfluente per la causa.
Quanto, invece, alla forma, l’utilizzo di una blockchain (implicante l’accesso mediante account) risulterebbe compatibile con il requisito della forma scritta.
Maggiori difficoltà si incontrano, data l’inalterabilità dello smart contract, laddove si intendano applicare le norme sulla risoluzione del contratto poiché queste, come ogni sua componente, devono essere predeterminate nel modo più preciso possibile.
Criticità
La trasposizione del linguaggio giuridico in un codice informatico si scontra con i limiti di quest’ultimo nel dare risposta agli elementi imprevedibili, necessitando di clausole di chiusura per loro stessa natura extra-informatiche.
L’automatismo dell’esecuzione non garantirebbe alcun margine per l’interpretazione del contratto fino a risultare controproducente laddove l’evento imprevedibile porti a una revisione sostanziale del bilanciamento degli interessi originariamente definito.
Bisogna quindi ricordare che il soddisfacimento delle condizioni previste dal codice potrebbe non essere di immediata verifica all’interno del sistema della blockchain, dovendosi quindi introdurre dei cc.dd. oracoli (programmi esterni sui cui ricade la valutazione del verificarsi dell’evento trigger).
Ne consegue che, ad oggi, la complessità giuridica mal si concilia con gli smart contracts, poiché la fase patologica del contratto sarebbe gestibile solamente con azioni restitutorie in quanto ogni altra imposizione presupporrebbe la conoscenza della chiave crittografica privata.
Operativamente, inoltre, si osserva come la parte che intenda avvalersi di questo strumento debba affidarsi ad un informatico per poter tradurre il documento contrattuale in codice intellegibile dalla blockchain: tale intermediazione mal si concilia con l’autonomia e – appunto – la disintermediazione che questi apparati intendono garantire ad ognuno.
Conclusioni
Seppur considerando possibile l’interpretazione del fenomeno attraverso gli schemi giuridici tradizionali, è da ritenersi preferibile valutare lo smart contract come uno strumento di implementazione dello schema contrattuale consueto, con la consapevolezza che la tecnologia alla base sta già provocando le necessarie riflessioni per modelli di accordo del tutto nuovi.
Enrico Cecchin